Il tema della sostenibilità, e
l’attenzione verso un’economia più favorevole alla salvaguardia delle risorse ambientali,
è negli ultimi anni sempre più al centro di numerosi progetti ed iniziative,
anche a livello delle più alte sfere istituzionali.
A marzo 2020, la Commissione Europea ha presentato –
sotto il Green Deal europeo e come
parte della proposta per la nuova strategia industriale – un piano d’azione per una nuova economia
circolare che includa delle proposte concrete per la progettazione di prodotti
più sostenibili, per la riduzione dei rifiuti e per dare maggiori
responsabilità ai cittadini, come per esempio attraverso il “diritto alla riparazione” (disegno di
legge che stabilisce l’obbligo dei produttori di apparecchi elettronici di
rispettare criteri di progettazione e montaggio perché i dispositivi siano facili da riparare anche dall’utente
stesso, fornendo altresì parti di ricambio e istruzioni per la riparazione).
L’intenzione di Bruxelles è
quella di progettare una produzione
funzionale all’Economia circolare, con il virtuoso obiettivo di garantire
che le risorse utilizzate siano mantenute il più a lungo possibile, dando
inizio a un cambiamento del tipo di produzione e di consumo attuale basato sul
modello di economia
lineare e sulla logica del TAKE-MAKE-WASTE,
per il quale tutto quello che viene prelevato è destinato a diventare rifiuto.
Ma che cos’è esattamente
l’Economia Circolare? Quali sono i motivi e i vantaggi che spingono verso tale
cambiamento?
Economia Circolare: la nascita della terminologia
Nel 2015, l’Europa stese il primo
pacchetto che prevedeva un action
plan composto da 54 azioni per accelerare la transizione verso un’Economia Circolare.
Tuttavia soltanto nel marzo 2020
questo piano si è concretizzato con la pubblicazione del Circular Economy Action Plan, che presenta anche una definizione
della terminologia più chiara:
In un’Economia Circolare, il valore dei prodotti e dei materiali è
mantenuto il più a lungo possibile.
I rifiuti e l’utilizzo di risorse sono minimizzati,
e quando un prodotto raggiunge il fine-vita, viene utilizzato nuovamente per creare nuovo valore.
La definizione mette in evidenza
i tre punti fondamentali su cui si
basa anche il paradigma della Circular
Mobility:
- Ciclo di vita del prodotto
- Riduzione dell’utilizzo di materie
prime
- Gestione e prevenzione del rifiuto
L’Economia Circolare è dunque un modello di produzione e consumo che
implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e
riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.
L’obiettivo è quello di estendere il
ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre al minimo i rifiuti: una volta che il prodotto ha terminato
la sua funzione, i materiali che lo costituiscono vengono infatti reintrodotti,
laddove possibile, nel ciclo economico. In questo modo è possibile
riutilizzarli continuamente all’interno del ciclo produttivo generando
ulteriormente valore.
In realtà, la prima attuazione
dei parametri dell’Economia Circolare era formalmente in atto già a partire
dagli anni ’70: i nostri nonni
applicavano inconsciamente tutti i suoi elementi perché cresciuti con una
mentalità secondo la quale era naturale ottimizzare le risorse, riutilizzare
spesso i prodotti ed evitare che questi diventassero presto rifiuti.
Negli ultimi anni, il concetto di
Economia Circolare ha ricevuto una grande
attenzione a livello globale ed è stato riconosciuto come alternativa rispetto all’attuale
modello produttivo e di consumo. Esiste però, ancora oggi, un enorme divario tra il concetto di
Circular Economy e la sua effettiva implementazione pratica. Le principali barriere per una sua reale
attuazione sono:
- Processi interni: sono richiesti sforzi per la definizione di una
nuova strategia aziendale che coinvolga tutte le funzioni di un’azienda;
- Competenze tecniche e tecnologiche: è necessario sviluppare
specifiche conoscenze e introdurre tecnologie per rivedere prodotti, processi e
sistemi, mantenendo la stessa qualità e i tempi di consegna;
- Mercato: tale barriera è legata alla richiesta di numerose e
complesse relazioni con differenti tipologie di stakeholder e alle difficoltà
di accettazione di prodotti/processi circolari da parte dei clienti;
- Investimenti economici,
pratiche finanziarie e legislative: possono essere richiesti investimenti
elevati e a lungo termine e pratiche burocratiche complesse e limitanti
potrebbero determinare alti costi di gestione.
Seppur non sia immediato attivare
un percorso di economia circolare, bisogna proseguire per gradi ma con costanza
e determinazione, valutando in primis
cosa abilita tale processo. Per fare ciò, è necessario diffondere informazioni ma soprattutto creare
spazi di formazione.
Tutti questi step, in realtà, sono determinati dal fatto che attualmente non c’è una gestione coerente di dati e le informazioni risultano essere poco
chiare perché mancano la valutazione di
indicatori comparabili di circolarità e
le piattaforme di condivisione tra partner.
Perché è necessaria la transizione verso un’economia circolare?
Virginijus Sinkevičius,
Commissario europeo responsabile per l'Ambiente, gli oceani e la pesca, spiega
chiaramente il motivo per cui sia necessario avviare il prima possibile la
transizione verso un’economia circolare: "Esiste un solo pianeta
Terra, eppure da qui al 2050 consumeremo risorse pari a tre pianeti. Il
nuovo piano renderà la circolarità la norma nella nostra vita e accelererà la
transizione verde della nostra economia. Quello che proponiamo è un'azione
incisiva per cambiare la base della catena di sostenibilità: la progettazione
dei prodotti. Interventi orientati al futuro creeranno opportunità commerciali
e di lavoro, sanciranno nuovi diritti per i consumatori europei, sfrutteranno
l'innovazione e la digitalizzazione e, al pari della natura, garantiranno che
nulla vada sprecato."
Attualmente ci troviamo di fronte
a un aumento costante della domanda di
materie prime e allo stesso tempo a un’allarmante
scarsità delle risorse: molte delle materie prime e delle risorse
essenziali per l’economia sono limitate, ma la popolazione mondiale continua a
crescere e di conseguenza aumenta anche la richiesta di tali risorse che
ricordiamo essere finite e non
facilmente e velocemente rigenerabili dal
nostro pianeta.
Nel 2008, la popolazione mondiale
ha già utilizzato le risorse equivalenti di un pianeta e mezzo per rifornirsi di tutti i beni necessari. Questo
ha fatto sì che alcune materie prime, già poco reperibili in natura,
diventassero critiche e la loro scarsa disponibilità ha creato o l’aumento smisurato dei prezzi o l’imprevedibilità dei costi variabili a
seconda dei Paesi in cui queste materie prime vengono estratte: per esempio, le
aziende specializzate nella produzione
di auto elettriche, possono confrontarsi soltanto con pochi
fornitori per l’approvvigionamento di metalli rari, come il cobalto e il litio,
che sono disponibili in scarse quantità e per lo più concentrate nelle miniere
della Repubblica del Congo, uno degli Stati africani più
economicamente e politicamente instabili.
Quando si parla di esportazioni il primo Paese di riferimento
rimane tuttora la Cina e il divieto totale che è stato introdotto a
partire dal gennaio 2021 di importare rifiuti, ma anche materie prime secondarie, ha cambiato
le sorti del mercato mondiale del riciclo. Fino al 2017, la Cina lavorava la metà dei prodotti riciclati del mondo,
ovvero circa 45 milioni di tonnellate di carta, plastica e metalli. Se dunque
prima la potente macchina industriale cinese aveva bisogno dei flussi di recyclables dall’Europa e dagli Stati
Uniti per alimentare le proprie produzioni, adesso ha deciso di andare avanti
da sola, utilizzando i propri materiali di rifiuto necessari per lo sviluppo
industriale, nel pieno rispetto dei principi dell’economia circolare.
La scelta cinese di “tagliare i
ponti” con gli altri Paesi più avanzati, potrebbe essere l’occasione per
l’Europa e gli Stati Uniti di aumentare a loro volta la propria capacità di
riciclare internamente i rifiuti, consentendo anche una riduzione dell’export e
una valorizzazione delle proprie risorse.
Il concetto di Economia Circolare,
infatti, si basa anche sull’obiettivo di sganciarsi
dal rifornimento di filiere globali non così sicure e disponibili perché
una domanda crescente di risorse determina:
- Scarse disponibilità di risorse
- Prezzi elevati
- Prezzi variabili ed imprevedibili
Tutti questi elementi
incrementano l’incidenza delle materie
prime sul costo finale del prodotto.
In aggiunta, i processi di
estrazione e utilizzo delle materie prime producono un grande impatto sul clima, aumentando il consumo di energia e di
emissioni di anidride carbonica, mentre un uso più razionale delle materie
prime può di certo contribuire a ridurre le emissioni di CO2 nell’ambiente.
Quali sono i vantaggi?
Adattare i principi di economia
circolare nel proprio business consente di creare diverse sorgenti di valore
per le aziende, che ne ricavano vantaggi
sostenibili e di competitività:
- Minore rischio legato a interruzioni
nella catena di fornitura e alla volatilità dei prezzi;
- Fonti di guadagno alternative legate a
nuovi mercati a domanda crescente;
- Costi di produzione minori attraverso
lo sviluppo di forniture circolari e recupero di risorse;
- Maggiore soddisfazione del cliente;
- Impulso all’innovazione e alla crescita
economica (un aumento stimato del PIL dello 0,5%);
- Incremento dell’occupazione (si stima
che nell’UE grazie all’economia circolare potrebbero esserci 700.000 nuovi posti di lavoro entro il
2020).
Grazie a misure come la prevenzione dei rifiuti, ecodesign (concezione di design
sostenibile ed ecologico al 100% grazie alla creazione di prodotti ecologici e
sostenibili, dall’inizio alla fine del sistema produttivo) e riutilizzo dei materiali, le aziende e
le imprese europee otterrebbero un risparmio evidente e ridurrebbero al tempo
stesso le emissioni totali annue di CO2: infatti, attualmente, la produzione di
materiali creati sulla logica dell’economia lineare è responsabile del 45% delle emissioni di gas serra.
Casi applicativi
Lo studio “Circular Europe” di Enel e The European House – Ambrosetti misura per la prima volta lo stato dell’arte dell’Economia Circolare nei paesi europei
Lo studio “Circular Europe. Come gestire con
successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare” gestito da
Fondazione Enel e The European House –
Ambrosetti in collaborazione con Enel
e Enel X punta a rilanciare il concetto di economia circolare europea, con
l’obiettivo di mettere a fuoco il processo di transizione verso la Circular Economy
in termini di benefici economici, sociali e ambientali.
Lo studio si è focalizzato su tre
Paesi, Italia, Spagna e Romania e,
attraverso un innovativo modello di analisi, il Circular Economy Scoreboard, ha preso in considerazione tutte le
macro-dimensioni che caratterizzano i progetti di economia circolare come
utilizzo di input sostenibili, di informazioni legate al fine vita dei
prodotti, alla possibilità di sviluppare soluzioni che permettano una estensione
della vita utile dei prodotti.
L’Italia e Spagna hanno
dimostrato un livello di sviluppo medio-alto, mentre la Romania si colloca agli
ultimi posti della classifica. Per misurare la performance nel corso del tempo,
il Circular Economy Scoreboard è stato analizzato lungo un arco temporale di 5
anni. La Romania ha mostrato un miglioramento elevato nel corso dell’ultimo
quinquennio, la Spagna un progresso intermedio mentre l’Italia si è mossa
più lentamente nella transizione verso un modello circolare.
Inoltre, lo studio mostra come,
nel 2018, l’Economia Circolare, nell’Unione Europea, sia correlata a 300-380
miliardi di euro di Prodotto Interno Lordo, 90-110 miliardi di euro di
investimenti e fino a 2,5 milioni di posti di lavoro. Di conseguenza, tramite
questo studio è stato possibile analizzare non solo i vantaggi in termini
economici del modello circolare ma anche gli importati benefici ambientali, derivanti
dall’impiego di energie e materie rinnovabili o provenienti da riuso e riciclo,
da un design circolare fin dalla fase iniziale del ciclo di vita dei prodotti,
dall’estensione della vita utile e dall’aumento dell’intensità dell’utilizzo di
beni e prodotti.
Plastic Waste Free: come riciclare la plastica in maniera intelligente e sostenibile
Da un’idea del Centro Interdipartimentale di Ricerca
Industriale Fonti Rinnovabili Ambiente, Mare ed Energia (CIRI FRAME) dell’Alma
Mater Studiorum – Università di Bologna, è partita la sperimentazione del
progetto “Ricircola”, un’iniziativa
di Economia Circolare che punta a migliorare la gestione delle vaschette alimentari in plastica a
fine-vita, tramite l’integrazione e la responsabilizzazione di tutti gli
attori della filiera e soprattutto con il coinvolgimento diretto del
consumatore. Attualmente, una vaschetta di pollo o di uva comprata al
supermercato viene cestinata nel bidone della plastica, diventando per il 60% rifiuto e per il 40% materiale riciclato e dunque non
più adeguata per la produzione di un’altra vaschetta ma per la realizzazione di
prodotti di minor valore, attuando in questo modo un downgrading del prodotto.
Il progetto Plastic Waste Free punta
a rivedere le attuali modalità di gestione delle vaschette per alimenti (in
PET) attraverso la responsabilizzazione
di tutti gli attori coinvolti nella filiera, compreso il consumatore
finale. In tre punti vendita della Conad
della Romagna, i consumatori hanno avuto l’opportunità di scegliere due
prodotti aventi un packaging innovativo e di partecipare al progetto. In
particolare si è chiesto al cliente di riconsegnare, dopo l’utilizzo del
prodotto, la vaschetta in plastica vuota presso i punti di raccolta allestiti
nei supermercati coinvolti. Questo modello di business è sostenibile in quanto
una vaschetta riconsegnata per il riciclo costa 0,9 euro al chilo contro un
euro al chilo della plastica vergine. Tale processo produce un minor
impatto ambientale, maggior risparmio, nuove opportunità di lavoro e
l’attuazione di un sistema sostenibile. Gli obiettivi di questo progetto si
racchiudono in:
- Integrazione di una filiera, condividendone le strategie e i
benefici;
- Coinvolgimento del consumatore finale attraverso un incentivo e un’informazione corretta in linea con il nuovo Green Deal Europeo;
- Contribuire ai target europei sul riciclo di plastica sfruttando
opportunità ancora non completamente esplorate.
#CORRIPULITO: il progetto che ottimizza la gestione dei rifiuti plastici
La VIII Edizione della Maratona Alzheimer del 15 settembre 2019,
l’evento solidale di Cesenatico organizzato con lo scopo di raccogliere fondi
utili alla ricerca sulla Malattia, è diventata sostenibile: il progetto #CORRIPULITO lanciato da Consorzio Romagna Iniziative e portato
avanti da TAILOR, laboratorio di open innovation del Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIN) dell’Università di Bologna,
ha avuto come obiettivo l’ottimizzazione
della gestione dei rifiuti plastici prodotti durante l’evento tramite una
pratica implementazione di Economia
Circolare.
Un progetto che si basa sul
recupero della plastica all’interno delle maratone, non solo per il riciclo
della plastica di per sé, ma per una raccolta
differenziata
di quattro tipologie di
prodotti/materiali plastici, in opportuni
punti di raccolta attrezzati. La plastica raccolta e opportunatamente
separata (PET- bottiglie; PP - stoviglie; PS - posate; plastica mista)
è stata inviata al riciclo e questo nuovo modello di gestione dei rifiuti
plastici durante un evento sportivo ha consentito di aumentare l’efficienza di raccolta e di separazione. Il fulcro di
tale iniziativa è quello di assemblare
la plastica monomateriale (bottiglie con bottiglie, posate con posate,
ecc.) trasformando il peggior difetto della plastica, la non-biodegradabilità, nel miglior pregio della plastica, la
non-biodegradabilità, ovvero la possibilità
di riciclarla infinite volte.
Eni con Coldiretti: il Circular Tour sostenibile tra le bellezze dell’Italia
La collaborazione tra Eni e Coldiretti, la maggiore associazione di
rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana, ha dato vita al progetto
Circular Tour 2020 ponendo
l’attenzione su importanti tematiche quali la circolarità delle risorse
economiche, la vicinanza al territorio italiano e la ripartenza economica a
causa dell’emergenza pandemica da Covid-19. Il Circular Tour digitale è
diventato un entusiasmante giro turistico di sei settimane tra le bellezze del
nostro Paese. Ogni settimana veniva descritta una città diversa, attraverso
video, documentari, interviste e approfondimenti per scoprire le
caratteristiche tipiche di ogni località. Dopo la prima tappa a Gela, quelle di
Genova, Napoli, Ravenna e Cagliari, il Circular Tour si è chiuso a Taranto,
dove Eni ha approfondito i temi della circolarità, riciclo della plastica e
filiera alimentare attraverso importanti esempi di sostenibilità come la difesa
del Made in Italy, i “sigilli” di Campagna Amica con il recupero dei prodotti
della biodiversità, i consigli per le bevande da abbinare ai vari cibi, la
scoperta e il rispetto della stagionalità dei prodotti e, infine, le storie
virtuose di giovani agricoltori.
IKEA stringe una partnership per accelerare il passaggio alla Circular Economy
Il colosso svedese si è impegnato
a diventare un’impresa circolare entro il 2030
grazie al nuovo accordo stretto con la Fondazione
Ellen MacArthur, leader mondiale sulla Circular Economy. L’obiettivo è
quello di dare ai prodotti e ai materiali una vita più lunga attraverso il
riutilizzo, la ristrutturazione, la rigenerazione e il riciclaggio. L'azienda
si impegna già da anni in questo senso: già oggi oltre il 60% della sua gamma di prodotti si basa su materiali riciclabili, come legno e cotone, e più del 10% contiene materiali riciclati.
Grazie a questa partnership il gruppo si spingerà ancora oltre per esplorare
nuovi modi e strategie per diventare completamente "circolare".
Nestlé investe 30 milioni in un fondo per la ricerca di imballaggi sostenibili
La multinazionale svizzera ha
dichiarato che investirà 30 milioni di
dollari nel “Closed Loop Leadership Found”, il fondo di private equity della
società di investimento ad economia circolare Closed Loop Partners con sede a New York City. L’investimento mira
a contribuire al passaggio dell’utilizzo
di plastica vergine a quello di plastica riciclata per uso alimentare negli
Stati Uniti. Il fondo contribuirà,
inoltre, a creare un sistema di riciclaggio più sostenibile e, allo stesso
tempo, ad aiutare l’azienda a ridurre di un terzo il proprio utilizzo di
plastica vergine entro il 2025.