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Recupero e riciclo a fine vita: un’opportunità di sviluppo e innovazione per il settore automotive

3 Marzo 2021

Il progresso scientifico ha portato numerosi vantaggi al genere umano, spesso sotto forma di beni materiali. Una conseguenza di questo progresso è l’aumento, in termini di quantità, di materiali polimerici (es. fibre chimiche, materie plastiche e gomme) e di complessità dei prodotti al punto tale che quasi tutta la tavola degli elementi trova oggi applicazione nel quotidiano. Esemplare in questo senso è l’evoluzione tecnologica del settore automotive, che ha permesso un costante miglioramento nelle prestazioni e nelle condizioni di sicurezza e di confort dei veicoli. Tuttavia, parallelamente a questo progresso si è verificato anche un aumento del costo ambientale in termini di risorse sfruttate e, conseguentemente, di impatto climatico. 

L’emergenza climatica e il ruolo del trasporto

Tra le fonti antropiche, i combustibili fossili sono quelli che contribuiscono in maniera preponderante all’aumento di emissioni nell’ambiente, seguiti a ruota dai trasporti. Per contrastare le emissioni di gas climalteranti, l’industria automotive ha intrapreso negli ultimi anni una serie di strategie volte a diminuire le emissioni durante la fase d’uso dei veicoli, ovvero in quella maggiormente impattante, andando ad esempio a sostituire ferro e acciaio con materiali più leggeri, come alluminio e plastica.

Tuttavia, se da una parte i materiali polimerici consentono un alleggerimento della struttura del telaio dei veicoli, dall’altra comportano anche una serie di difficoltà di separazione e di recupero a fine vita dei materiali a causa della mancanza di mercati per prodotti costituiti da materie secondarie. Infatti, se il 60% dell’alluminio – di cui il 75% appartenente al settore automotive – è riciclabile, solo il 20% delle plastiche (PP, PE, PVC) è riutilizzato, di cui solo il 15% nell’industria automobilistica.

Il passaggio a una mobilità elettrica

Un’altra strategia messa in atto dall’industria automobilistica, atta a contrastare il cambiamento climatico, è la transizione verso una mobilità elettrica: i veicoli elettrici permettono infatti una riduzione sensibile di più della metà delle emissioni di CO2 per km percorsi rispetto ai mezzi convenzionali a combustione. Per tale ragione, considerando i limiti di emissioni per le auto stabiliti dal Regolamento dell’Unione Europea, si stima che entro il 2030 almeno il 20% del parco auto nazionale debba essere elettrico.

Se dunque oggi il passaggio alla mobilità elettrica è guidato dall’emergenza climatica, domani potrebbe essere legato anche a un fattore di convenienza economica, a fronte di una progressiva e attesa riduzione dei costi di prezzi di mercato delle batterie di nuova generazione, come ad esempio quelle agli ioni di litio.

Tuttavia, il limite alla transazione all’elettrico è rappresentato, a monte della catena, dalla scarsa disponibilità delle risorse e dall’approvvigionamento delle materie prime cosiddette critiche, necessarie per questo tipo di tecnologia. Di conseguenza, la domanda che il settore si sta ponendo attualmente non è più se avverrà il passaggio a questo tipo di mobilità, ma fino a che punto potrà spingersi questa transizione.

Materiali critici nel settore automotive

La criticità delle materie prime è un aspetto di grande attualità e diversi indicatori sono stati proposti in letteratura. Ad esempio, la Comunità Europea classifica le problematiche per il reperimento dei materiali sulla base di due indicatori: il primo è l’importanza economica, ovvero quanto questi materiali sono presenti nella nostra società e in quali settori chiave; il secondo, invece, è rappresentato dal rischio di approvvigionamento relativo ai materiali considerati critici:

  • litio, cobalto, graffite naturale: sono gli elementi essenziali nella produzione delle batterie al litio e dunque nella mobilità elettrica;
  • indio: materiale depositato sugli schermi LCD dei prodotti di elettronica e dunque anche incorporati nel settore dei trasporti;
  • terre rare: rappresentano un gruppo di materiali che hanno delle proprietà ottiche e magnetiche uniche ma che costituiscono anche gli elementi più critici esistenti. Esempi di terre rare sono il neodimio e il disprosi, impiegati nella produzione di motori elettrici ma anche degli hard disk inglobati nei prodotti di elettronica o nella produzione di energia eolica.

I fattori di criticità e di rischio di approvvigionamento possono essere legati a:

  • Scarsità geologica: le risorse di indio sulla Terra sono scarse e difficilmente reperibili;
  • Capacità estrattiva limitata: la crisi del settore estrattivo del litio e del cobalto ha determinato un aumento dei prezzi più che triplicato di questi materiali;
  • Instabilità geopolitica: le miniere naturali di cobalto situate nella Repubblica Democratica del Congo sono presenti in aree caratterizzate da forti instabilità politiche;
  • Produzione interconnessa;             
  • Mancanza di alternative;
  • Situazioni di monopolio: la produzione mondiale di terre rare coincide di fatto con la produzione cinese e questa situazione di monopolio pone gli altri Paesi – compresa l’Europa – in una condizione di potenziale vulnerabilità nel caso di interruzioni nella supply chain.

A queste problematiche geologiche e geopolitiche, si aggiungono anche quelle ambientali. Le difficoltà di approvvigionamento da fonti naturali determinano spesso consumi energetici particolarmente intensivi per le risorse critiche: per estrarre e raffinare il neodimio e l’indio ci vogliono circa 50/70 volte i consumi dell’energia richiesta per le stesse quantità di ferro o di alluminio.

Lo stesso si può dire anche per le emissioni di CO2, il consumo idrico e il rifiuto minerario necessari per poter sfruttare queste risorse: ad esempio, un chilo di ferro metallico determina la produzione di circa 10 chili di scarto minerario; lo stesso chilo di neodimio o di indio determina circa 10 mila chili di residui. Tali dati forniscono una misura dellinsostenibilità ambientale associata all’approvvigionamento di queste risorse critiche.

Il rifiuto minerario necessita successivamente di essere trattato, con una conseguente alterazione, nel migliore dei casi, del paesaggio naturale fino ad arrivare a un estremo, ovvero alla distruzione degli ecosistemi o alla possibile creazione di pericoli per l’ambiente e per l’uomo. Ad esempio, parte dei rifiuti minerari si presenta sotto forma di fanghi che vengono accumulati in vere e proprie dighe: nel 2019, in Brasile una di queste dighe ha ceduto e ha riversato milioni di metri cubi di fanghi, raggiungendo centri abitati con conseguenze disastrose.

A tal problema si aggiungono anche dinamiche sociali ed etiche, aspetto molto spesso tralasciato o considerato come secondario rispetto alla sostenibilità economica e ambientale.

Verso la chiusura dei flussi?

In un contesto di questo tipo, una chiusura dei flussi di materia attraverso il recupero e il riciclo a fine vita costituisce lo strumento attraverso cui possiamo ridurre la nostra dipendenza dalle fonti naturali con un conseguente abbattimento delle problematiche associate. Tuttavia, il riciclo a fine vita è spesso carente – se non inesistente – per molte delle risorse critiche. Ad esempio nel caso del neodimio, più del 50% è impiegato nel settore dell’automotive, sia nelle auto convenzionali sia nelle auto elettriche: si stima che circa 9 mila tonnellate di neodimio siano contenute nelle auto attualmente in uso in Europa, pari a circa 13 volte la domanda annuale nella Comunità Europea. Tuttavia, il contenuto medio di neodimio è pari a 27 ÷ 200 g Nd/auto, ovvero < 0.02% in peso dell’auto

La gestione dei veicoli a fine vita (end-of-life vehicles, ELV)

L’attuale gestione delle auto a fine vita è dettata dai target di riuso e riciclo energetico stabiliti dalla Comunità Europea ed espressi proprio in termini di peso in percentuale dei veicoli a fine vita (end of life vehicles, ELV). La direttiva dei veicoli a fine vita stabilisce che l’85% del peso degli ELV debba essere riusato e riciclato a cui si aggiunge un 10% derivante dal recupero energetico per un 95% complessivo di riuso, riciclo e recupero. L’adempimento a questi target avviene attraverso lo smontaggio di parti ancora commercializzabili e principalmente attraverso il recupero della frazione metallica ferrosa dopo la frantumazione. La filiera dei trattamenti a cui sono sottoposti gli ELV consiste in:

  • Pre-trattamento: drenaggio dei liquidi e rimozione delle componenti pericolose;
  • Demolizione: smontaggio delle parti ancora commercializzabili;
  • Rottamazione: compressione a “cubi/pacchi” di carrozzeria;
  • Frantumazione: triturazione e recupero della frazione metallica ferrosa e non ferrosa.

Analizzando le efficienze e le prestazioni a livello europeo, l’Europa raggiunge e supera il target di riuso e riciclo per gli ELV, ma si avvicina e non raggiunge in realtà il livello di riuso, riciclo e recupero energetico. Tale dato è legato probabilmente anche alla scarsa prestazione nazionale italiana: l’Italia, infatti è al 25esimo posto nella classifica dei Paesi europei.

Il car fluff: problematiche attuali e future

Il rifiuto che rimane dalla gestione a fine vita delle auto è denominato car fluff. Il car fluff è classificato come “rifiuto speciale, assimilabile agli urbani o ai rifiuti speciali pericolosi dopo opportuna analisi che ne attesti il rispetto dei limiti normativi” proprio perché rappresenta un accumulo nocivo di plastiche, gomme, materiali tessili, inerti, metalli critici e inquinanti adsorbiti.

Il Italia, il car fluff è prevalentemente smaltito in discarica, nonostante il divieto previsto per rifiuti con potere calorifico > 13 MJ/kg. Inoltre, l’incremento delle plastiche delle gomme andrà inevitabilmente ad aumentare questa frazione del car cluff, ponendo dubbi sulla possibilità non solo di migliorare ma anche di riuscire a mantenere il target di riuso e riciclo energetico. 

Come possiamo intervenire?

Approvvigionamento

Gli strumenti su cui si può puntare per migliorare l’accesso alle risorse essenziali possono essere:

  • Legislativi: target di riuso, recupero e riciclo per singolo materiale e non più per peso di veicolo;
  • Tecnico-scientifici: ricerca e sviluppo di tecnologie di produzione/recupero di materia ed energia;
  • Economici: incentivi, Responsabilità Estesa del Produttore.

Emerge una necessità di agire in fase di progettazione, predisponendo una facilità di smontaggio e di recupero a fine vita fin dalla fase di design e di progettazione dell’auto, possibilmente includendo criteri di sostenibilità ambientale e di “criticità” nella scelta dei materiali. 

Riduzione della domanda

L’altro fronte su cui si può intervenire è nella riduzione della domanda. I materiali critici sono essenziali in molte delle applicazioni contemporanee – trasporti, generazione di energia rinnovabile, batterie a litio, robotica, elettronica, ecc. – e le proiezioni stimano un aumento esponenziale della domanda per elementi come il litio, cobalto e neodimio in un arco di tempo relativamente breve (qualche decina d’anni). 

Dunque, la riduzione della domanda delle risorse critiche passa attraverso un cambiamento culturale e sociale in cui l’attenzione non deve essere più rivolta al bene posseduto ma al servizio fornito all’utente o alla società. Ne sono un esempio i sistemi di mobilità condivisa che possono avere un ruolo nel contenere la domanda di risorse critiche nei prossimi anni: uno stesso veicolo, infatti, è in grado di servire più persone, riducendo quindi la domanda individuale di risorse critiche.

In conclusione le problematiche attuali e future associate a una chiusura dei flussi e a una circolarità delle risorse nel settore automotive sono di tipo:

  • Strutturale (es. polimeri)
  • Alimentazione (es. litio, cobalto, grafite naturale)
  • Composizione (es. terre rare, indio)

Il recupero e il riciclo sono elementi fondamentali nell’approvvigionamento di risorse critiche, ma purtroppo sono ancora a uno stadio iniziale. Ci sono grandi opportunità per l’innovazione di sistemi che affrontano queste sfide, ricordando che il settore automotive costituisce una riserva di queste risorse critiche. Assicurarsene l’accesso diventa essenziale per poter raggiungere una mobilità e uno sviluppo sostenibili.

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Team Circular Mobility

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