L’Economia
Circolare costituisce
un nuovo paradigma economico emergente in grado di sostituirsi ai modelli produttivi
incentrati su una visione lineare, puntando a una riduzione degli sprechi e a
un radicale ripensamento nella concezione dei prodotti e nel loro uso nel tempo.
Una sfida molto ambiziosa sia per il sistema produttivo sia per la società, in
quanto richiede di adottare attività e processi di produzione e di consumo che
siano sostenibili e in grado di gestire in modo consapevole ed efficiente le
risorse del nostro pianeta.
Questa transizione verso un tipo
di economia circolare può essere facilmente favorita dallo sviluppo delle
tecnologie digitali connesse all’Industria
4.0, ovvero alla quarta fase industriale che stiamo
attraversando in questo momento, basata sul mix tecnologico di robotica,
sensori, connessioni alla Rete, programmazione e opportunità dell’Internet of Things (IoT). Queste
tecnologie aprono nuovi spazi di innovazione per la progettazione e produzione
più sostenibile, così come per la realizzazione di processi che consentano di
tracciare il consumo delle risorse e l’utilizzo dei prodotti.
La connessione tra il digitale e l’Economia Circolare potrebbe, infatti, cambiare per sempre il mercato del lavoro, sia dal punto di
vista dei processi e delle risorse sia delle persone e delle competenze messe
in atto. Il digitale rappresenta il fulcro indispensabile per lo sviluppo delle
attività legate a tutto l’ecosistema circolare in quanto l’IoT è in grado di
monitorare i cicli di vita di un prodotto, l’analisi di dati può rendere
sostenibile la quantità di merce prodotta e grazie agli insights di acquisto e
consumo è possibile venire incontro alle esigenze del consumatore in fase
produttiva, evitando sprechi e sovrapproduzione. Di seguito forniremo un quadro
interessante su come la rivoluzione digitale sia in grado di trasformare la relazione
tra produzione e consumo in ottica sostenibile.
L’era della digital trasformation: l’Industria 4.0
L’Industria 4.0, ovvero la quarta
fase industriale basata sulla diffusione delle tecnologie digitali, sta
trasformando profondamente il comparto industriale, la gestione aziendale e i
modelli produttivi. È il processo di digitalizzazione
dei processi e dell’interconnessione
delle macchine, definito dagli analisti come “digital transformation”. Questa
nuova trasformazione porterà per la prima volta le aziende a confrontarsi con
una duplice realtà in quanto si
dovranno gestire parimenti le risorse
fisiche e le risorse virtuali,
considerandole come un unico sistema di produzione aziendale:
- Si catturano le informazioni dal mondo fisico per creare una
registrazione digitale del funzionamento fisico e della rete di alimentazione;
- Le macchine dialogano tra loro per condividere le informazioni,
consentendo un'analisi avanzata e la visualizzazione di dati in tempo reale da
più fonti;
- Si applicano algoritmi e
automazioni per tradurre le decisioni e
le azioni del mondo digitale in movimenti nel mondo fisico.
Grazie alla capacità di interconnettere
e far cooperare le risorse produttive, le tecnologie digitali non solo possono aumentare competitività ed efficienza,
ma fanno da leva all’introduzione di nuovi
modelli di business, fino a superare la tradizionale distinzione tra
prodotto, processo produttivo e servizio grazie all’Internet of Things.
Con lo sviluppo del concetto di
Industria 4.0, c’è stato anche un consenso verso la sostenibilità nel campo
della produzione. La digitalizzazione, infatti, si configura come un asset
fondamentale per la transizione verso un processo di economia circolare, in
quanto attraverso le nuove tecnologie sarà possibile monitorare e ottimizzare
l’uso delle risorse, ridurre gli sprechi energetici e tenere sotto controllo
gli scarti generati nella fase di produzione. L’impatto dell’Industria 4.0,
tuttavia, potrà essere rilevante solo se si attua non solo nella dimensione
strettamente aziendale, ma nell’intero sistema produttivo.
BIG DATA VS SMART DATA
Quando si parla di Industria 4.0 non
si può non trattare anche dei Big Data,
elemento cardine da cui dipende la quarta rivoluzione industriale. Ad oggi, ogni
dispositivo elettronico consente alle aziende di raccogliere dati sui propri consumatori: i
computer, gli oggetti intelligenti, gli smartphone sono in grado di registrare
la posizione e le abitudini d’acquisto degli utenti.
Il concetto di Big Data serve a
identificare l’insieme dei dati raccolti
dalle macchine che, se analizzate correttamente, permettono all’impresa di
ottenere numerosi vantaggi. La digitalizzazione, infatti, sta trasformando i
sistemi produttivi delle aziende, che abbandonano i vecchi standard a favore di
tecniche più efficienti e flessibili. Le fabbriche passano a strumenti di
lavorazione automatizzati e intelligenti,
in grado di connettersi in rete e di raccogliere
molti dati che danno l’opportunità alle aziende di tenere sotto controllo
in tempo reale molti settori, risparmiando
tempo e soprattutto denaro.
Un’impresa, però, deve essere anche
in grado di interpretare i Big Data, ossia di utilizzarli appropriatamente con
l’obiettivo di risolvere i problemi e migliorare la produzione. È in questo
passaggio che si genera la differenza: da una parte ci sono le pure informazioni raccolte dalle macchine,
dall’altra c’è la necessità per l’impresa
di analizzare questi dati in modo intelligente, ovvero trasformare i Big
Data da un semplice accumulo di dati in elementi di valore: gli Smart Data.
Gli Smart Data rappresentano la
parte di Big Data davvero utile all’azienda che dovrà avere dunque la capacità
di estrapolare, tra questo enorme insieme, le informazioni più rilevanti, in quanto non tutti i dati aggregati
risultano essere necessari per lo sviluppo dell’impresa: senza un approccio
intelligente, i Big Data rischiano di restare un mucchio di informazioni senza
nessun valore. Dare significato ai dati
è, quindi, l’elemento che contraddistingue gli Smart Data, e le aziende
dovranno essere sempre più incentivate ad adottare approcci qualitativi – e non
quantitativi – in cui le uniche informazioni prese in considerazione saranno
quelle intelligenti.
Questa “intelligenza” è quella
degli stessi collaboratori che formano un’azienda tramite la quale si potranno
prelevare i cosiddetti KPI (Key Performance
Indicators), ovvero quelle misure quantificabili e qualificabili che una
società utilizza per valutare le sue prestazioni nel tempo.
Non è un caso che proprio in questo
momento storico si stiano attivando i processi dell’Economia Circolare e non
già a partire dal 2008 quando l’Europa aveva presentato il suo action plan. La transizione verso un
tipo di economia più sostenibile sta avvenendo adesso in quanto era possibile attivarla solo nell’era
dell’Industria 4.0. Infatti, solo la digitalizzazione
e l’implementazione di dispositivi intelligenti possono supportare il
passaggio ad un’economia circolare efficace. In particolare, le tecnologie
abilitanti dell’Industria 4.0 sono:
- Big data: elevata e complessa mole
di dati, generati dalla tecnologia, acquisiti ed analizzati con strumenti
in grado di trasformarli in informazioni con le quali supportare decisioni
veloci, flessibili e efficienti.
- Internet of Things: reti di oggetti fisici interconnessi a livello
tecnologico in grado di trasmettere informazioni sul loro stato o sull’ambiente
in cui si trovano tramite internet. L’IoT include oggetti, dispositivi,
sensori, applicazioni, sistemi per l’analisi dei dati, al fine di costruire
nuove interazioni tra: uomo e macchina
- MMI (Man-Machine Interaction); macchine - M2M (Machine to Machine);
- Automation robotics: tecnologia di automazione dei processi basata
sui concetti di programmazione dei robot
e/o intelligenza artificiale. Le nuove macchine risultano sempre più
autonome, flessibili e collaborative, sia tra loro che verso l’uomo, fino ad
arrivare a robot con capacità cognitive.
Senza una digitalizzazione e interconnessione di dati, l’Economia
Circolare non può essere sviluppata in quanto sono le informazioni generate
dalle tecnologie dell’Industria 4.0 a supportare la transizione a questo nuovo
modello economico attraverso:
- Identificazione di opportunità
circolari
- Sfruttamento del loro massimo potenziale
- Valutazione di benefici e rischi
Modelli di business circolari
Il connubio tra Economia Circolare
e Industria 4.0 rappresenta un’opportunità economica da miliardi di dollari
che, attraverso le strategie in termini di materiali auto-rigeneranti e le
capacità di interconnessione e cooperazione delle risorse produttive,
provocherà un aumento della
competitività e dell’efficienza e favorirà lo sviluppo di nuovi modelli di
business, fino a rivoluzionare interamente l’intero settore industriale. Di
conseguenza, la transizione verso un modello di economia circolare dovrà essere
guidata da un processo di digitalizzazione dell’azienda che valorizzi la
connessione dei prodotti e delle fabbriche, della catena del valore e degli
utenti con lo scopo di realizzare un ciclo di produzione più sostenibile
possibile, sia a livello economico sia ambientale. Affinché un modello di
business abbia successo, inoltre, è necessario che questo sia in grado di
creare e catturare valore, generando benefici
economici.
L’Economia Circolare nasce dall’esigenza
di pensare “green” in qualsiasi campo di business ed è un modello di sviluppo
fondato su tecnologie innovative che permettono all’impresa di ricavare
benefici soprattutto in termini di sostenibilità
economica, sociale e ambientale attraverso:
- Risparmio dei capitali
- Riduzione degli sprechi
energetici
- Recupero e riutilizzo dei
materiali
- Connubio tra conoscenze
tradizionali e nuove competenze
Tuttavia, bisogna tener presente
che non esiste un modello di business unico per tutti. In letteratura, sono stati
definiti diversi archetipi di modelli di business circolari, ossia una serie di
strutture e “regole” da imitare per
implementare nuovi progetti. Però, la diversità
tra settori e singoli casi rimane una caratteristica fondamentale.
“Un tavolo a tre gambe”: come si intende il concetto di sostenibilità
Metaforicamente parlando,
possiamo associare il concetto di
sostenibilità a un unico tavolo a tre gambe dove tutti possono mangiare ma
che, senza il giusto supporto, può crollare da un momento all’altro. Le “tre
gambe”, ovvero i tre fattori
fondamentali per supportare un modello di business più sostenibile, sono:
- Valore ambientale: risorse/energia rinnovabili, basse emissioni,
riduzione dei rifiuti, prevenzione dell’inquinamento (aria, acqua, suolo);
- Valore economico: profitto, ritorno di investimento, resilienza
finanziaria, fattibilità a lungo termine, stabilita;
- Valore sociale: equità, benessere, comunità, salute, sicurezza,
standard di lavoro, sicuro sostentamento.
Il momento che stiamo vivendo è
caratterizzato da una forte presa di
coscienza sulla situazione in cui si trova il nostro ambiente e sulle
conseguenze potenzialmente irrimediabili che potrebbero verificarsi in
pochissimo tempo se non cambiamo rapidamente il nostro modo di pensare e agire
nei confronti dell’ecosistema.
Il valore economico è un aspetto determinante in quanto se un’azienda
non è in grado di produrre degli utili, può generare danni irreparabili. In
base a questa constatazione, un’iniziativa come quella dell’Economia Circolare
non può essere sviluppata se non si ha la certezza che possa generare un
rilevante profitto.
In parallelo, misurare il valore sociale non è affatto semplice
perché, attualmente, non si possiedono ancora i mezzi necessari per dimostrare
come il modello dell’Economia Circolare abbia anche un impatto sociale positivo
nel lungo termine. Il supporto finanziario di miliardi di euro messo a
disposizione dall’European Green Deal –
piano d’azione promosso dall’Unione Europea volto a incoraggiare l’uso
efficiente delle risorse passando a un’economia più pulita e circolare – verrà
concesso solo alle aziende e agli enti che riusciranno a dimostrare come la
propria iniziativa possa avere anche un impatto
sociale concreto e misurabile. Alcuni esempi sulle aree su cui intervenire
per il raggiungimento di tale obiettivo sono:
- Approvvigionamento delle materie prime: utilizzo di risorse a basso
impatto ecologico perché derivanti da prodotti riciclati o da materiale
rinnovabili o da iniziative fair trade;
- Produzione: riduzione di consumi energetici tramite il riutilizzo
di risorse idriche; sviluppo di tecnologie basate su principi ecologici;
riciclo di scarti ed eccedenze;
- Logistica: razionalizzazione dei flussi di trasporto; miglioramento del parco mezzi; ottimizzazione degli imballaggi;
- Promozione.
Quantificazione della sostenibilità
La transizione verso modelli di
business sostenibili è un processo
complesso che deve essere supportato da opportuni metodi e strumenti per la valutazione quantitativa di benefici e rischi. Pertanto, per
raggiungere tale obiettivo, è necessario mettere in atto una nuova metodologia
per valutare gli attuali modelli di business e progettare innovazioni atte a
migliorarne la sostenibilità attraverso lo sviluppo di cinque fasi:
- Conoscenza approfondita del settore e dei processi;
- Selezione di KPI significativi, trasversali e specifici per il
settore;
- Raccolta dati e valutazione dei KPI selezionati;
- Confronto con target interni
ed esterni e con scenari differenti;
- Sviluppo di innovazione per mantenere/migliorare le performance.
Il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna
ha sviluppato un innovativo strumento di
visualizzazione che consente di quantificare i flussi di risorse in diversi scenari di business, rendendo
immediatamente visibili opportunità nuove e/o inesplorate e fornendo i dati per
il calcolo di KPI di interesse (ambientali, economici e sociali).
Ogni singola azienda e il suo
processo produttivo sono rappresentati come un box rettangolare in cui entrano ed escono risorse più o meno
“preziose” (inclusa l’energia).
Lo stage rappresenta un qualsiasi elemento della filiera (produzione,
distribuzione, utilizzo, manutenzione, ecc.) ed è caratterizzato da uno stesso
meccanismo di ingresso e di uscita: ingresso di materie prime e uscita di
prodotti (finito o rifiuti).
Le materie prime possono essere o vergini o recuperate da materiale in
sovrapproduzione o da rifiuto. Il primo dato rilevante da questo grafico è che
se un’azienda incrementa l’utilizzo di materie prime provenienti da scarti o
rifiuti, diminuirà l’approvvigionamento e lo sfruttamento di materie prime
vergini, contribuendo nel suo piccolo a una riduzione dell’impatto ambientale.
Oltre a valorizzare il fattore
ambientale, l’azienda in questione, tramite questo nuovo modello di business,
raggiungerà anche un’efficienza di processo, ottimizzando il fattore economico: se si riduce il quantitativo di
materie prime vergini (nel grafico l’asticella rossa) tramite lo sfruttamento
del materiale di scarto o rifiuto già in possesso, l’azienda riuscirà a
realizzare esattamente lo stesso prodotto acquistando meno materia prima.
Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, questi dunque
possono essere: riciclati, riutilizzati e trasformati in energia.
Per concludere, questo schema
mette in relazione quattro macro
indicatori che riguardano tutti i settori:
- Efficienza energetica
- Energia rinnovabile
- Emissioni di CO2
- Impatto sociale
Lo strumento può essere esteso a tutta la catena di valore e al livello di
distretto, coinvolgendo fornitori e clienti, fino ad arrivare al
consumatore finale. È inoltre estremamente flessibile e può essere adattato a
diversi settori industriali.
Conclusioni
Inserendo questo innovativo strumento di visualizzazione all’interno della filiera possiamo notare che, per un’economia lineare, le risorse corrispondenti a un mondo e mezzo diventano, tra le varie fasi (manufacturing, assembling, distribution and sale, use) completamente rifiuto con un ciclo di vita breve del prodotto finito. Se si parla invece di un’economia circolare, si passa a un utilizzo di risorse corrispondenti a mezzo mondo, con una produzione di pochi rifiuti per un lungo ciclo di vita del prodotto finito.
La sfida per le aziende risiede dunque nel non considerare esclusivamente l’inizio e la fine del proprio processo produttivo (economia lineare) ma di concentrarsi su ogni aspetto legato alla creazione di un prodotto in modo efficiente e sostenibile (economia circolare). In realtà, è proprio il singolo ad essere responsabile di apportare il proprio contributo per la creazione di questo nuovo modello di business che risulta essere, infatti, di:
- Facile comprensione: i modelli di business circolari possono risultare più complessi in quanto i “confini” dell’economia circolare non sono quelli aziendali, ma sono ampi e non sempre ben definiti. Lo strumento integra questa complessità, traducendola in una struttura visiva, rendendo i concetti e le relazioni tra elementi più concreti.
- Corrispondenza con la realtà: la rappresentazione grafica deve essere coerente con la realtà per identificare potenziali barriere e inefficienze. Per ogni fase della catena del valore sono identificati materie prime, prodotti finiti, rifiuti e perdite.
- Rappresentazione di tutti gli archetipi: le aziende devono essere in grado di riconoscere prontamente potenziali modelli di business, confrontandone punti di forza e debolezze rispetto al business attuale. Lo strumento in grado di rappresentare tutti gli archetipi descritti.
- Quantificazione della circolarità: l’impossibilità di quantificare, misurare e confrontare soluzioni circolari ne limita l’identificazione e l’implementazione. Le aziende usano normalmente degli indicatori per misurare le attività e supportare le decisioni. Lo strumento è in grado di quantificare le iniziative.
- Adozione del modello per ogni settore produttivo e industriale: lo strumento deve ed è in grado di adattarsi a qualunque settore industriale grazie ai metodi standardizzati su cui si basa, per esempio, l’analisi dei flussi, la gerarchia dei rifiuti, gli archetipi circolari sistematizzati, ecc.
L’Economia Circolare, associata allo sviluppo di tecnologie raffinate, sta apportando infatti numerosi vantaggi soprattutto in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale e solo nell’area europea si potrà raggiungere un impatto sorprendente stimato intorno all’1,8 mila miliardi di euro di benefici entro il 2030, con un rilevante aumento del PIL dell’11%. L’utilizzo sempre più ripetuto del connubio Industria 4.0 e IoT porterà a un’ottimizzazione dei processi, all’aumento dell’efficienza, alla riduzione di inquinamento nel sistema di produzione e degli sprechi, apportando di conseguenza un taglio dei costi e un miglioramento in termini di bilanci per le aziende, per non parlare ovviamente anche dell’impatto ecologico di questo nuovo percorso verso un futuro più sostenibile.